Internal Groove ( Nadia Zucchi )



Internal Groove Project
Performance, live mixed media

Berlino , KUNSTHAUSE TACHELES , 24 Giugno 2003 h 21.30     


Berlino, in uno spazio ferito dal passato e consegnato alla dimensione senza tempo della materializzazione delle espressioni d’arte, Eleonora con la sua umana volontà drifiuta l’ambiente naturale per darsene uno virtuale, che fa diventare tangibile attraverso l'azione, promuove la propria visione del mondo che passa per i simboli, mostrando la sua anima.

È in scena la pervasione del mondo dentro al corpo. L’essere nel mondo superando ogni disgiunzione cartesiana tra rex cogitans e rex estensa, tra mente e corpo, tra interiorità ed esteriorità. Il dolore e l’abbandono al dolore, l’estenuante inerire alle cose del mondo tramite il corpo e l’angoscia, infine la rinuncia alla lotta, il lasciarsi essere lì e altrove, sono resi fruibili attraverso la metafora della malattia istituzionalizzata. Simboli decodificabili quali la coercizione,  l’oggettivazione, l’isolamento e la non intelligibilità dell’Altro, la sua diversità, l’incolmabile distanza comunicazionale, sono esposti in uno spazio  d’osservazione, in un tempo di azione che perdura, immersi in un non luogo virtuale di suoni e immagini che non lasciano distrazione. e rimandano ad altro, oltre l’evidente.
Oggetto e soggetto di questa esperienza è il corpo.Per chi soffre lo spazio del mondo si riduce nelle dimensioni. Non è più la realtà del mondo a suscitare interesse, ma la sofferenza che trasforma da soggetto di intenzioni a oggetto d’attenzione.Ridotto a organismo, il corpo non ha più posto nella società e viene perciò deportato nell’ambiente tecnico, dove il soggetto si percepisce come un fatto esteriore.

Il corpo lancia messaggi che la biomedicina non può raccogliere perché abituata a frequentare l’organismo, che a differenza del corpo non dispone di un’intenzionalità dispiegata nel mondo. I primitivi che conoscevano il corpo e non l’organismo, davano all’evento-sofferenza un significato sociale e come tale aveva un valore iniziatico. La  sofferenza/malattia non era vissuta individualmente ma scambiata in quell’ordine simbolico che faceva di ogni evento una relazione sociale ricca di senso.

La società di oggi, divisa dai suoi “malati”, perde l’occasione di un messaggio. Solo nella malattia liberamente guardata è il malato e non la malattia ad essere visto. Il dolore non diventa spettacolo ed il corpo di sofferenza non viene dimenticato nel fondo biologico dell’organismo.Le emozioni espresse, riflesse, ribadite, sottolineate da sonorità e chiariscuri carichi di tensione, impregnano l’aria. Incapace di sostenere un mondo divenuto inospitale, il corpo si ritira nell’emozione, per continuare a sopravvivere.

Niente parole, solo emozioni, suoni, immagini, corpi, quello dell’artista e del pubblico.

Con la parola, parlata o anche solo allusa, il mondo è comunque ricostruito: sottratto al caos, al disordine, all’anormale, al sensibile, ritorna kòsmos, che con la sua radice “kens” da cui “censeo”, che significa “parlo con autorità”, è l’ordine e l’organizzazione. Si ritorna al quotidiano dualismo.

                                                          

( Dott.ssa Nadia Zucchi )

Dipartimento Neuro scienze
Università degli studi di Genova