Introduzione critica MORE ( Paola Valenti )
'Sbaglia l’uomo, fin tanto che aspira' (Johann Wolfgang Goethe)
 
Es irrt der Mensch, solang er strebt. Sbaglia l’uomo, fin tanto che aspira: mi piace pensare questo libro, More, come un contributo di Eleonora Chiesa al dibattito sempre aperto intorno alla celebre e oscura frase che Johann Wolfgang Goethe fa pronunciare all’Onnipotente nel prologo del suo Faust.
 
Aspiriamo ad avere di più solo se avvertiamo delle mancanze, ma ciò può indurci a macchiarci di hýbris: ecco l’errore in agguato, il pericolo di perdere di vista la nostra finitezza di esseri umani. Eppure, solo la volontà di superare i limiti, assumendosi il rischio dell’errore, ha permesso all’umanità di progredire, solo la sete di conoscenza ha originato le piccole e le grandi scoperte. Se l’uomo, nel corso della sua storia millenaria, non avesse avvertitodei vuotie non avesse aspirato, desiderato, ricercato il modo per colmarli, non si sarebbe distinto dagli altri animali e non avrebbe - anno dopo anno, secolo dopo secolo – raggiunto gli straordinari successi di cui si è reso artefice. Troppo spesso, però, le carenze avvertite non sono state affatto nobili, eque, legittime e sono state soddisfatte ai danni del prossimo, generando una infinita catena di aberrazioni, sfruttamenti, soprusi, orrori. Entra così in gioco l’Utopia, nelle sue molteplici forme e accezioni, tutte però accomunate dal presupposto – o dalla speranza - che l’essere umano aspiri a costruire per sé e per i suoi simili quella che Ernst Bloch - riprendendo il tema espresso da Marx nei Manoscritti economico-filosofici del 1844 - definisce la completa “umanizzazione della natura e naturalizzazione dell'uomo”, risolvendo così il drammatico contrasto tra uomo enatura, tra soggetto e oggetto da cui ha origine l'alienazione dell’individuo e la violenza che, sempre e inevitabilmente, ne deriva.
 
Come le aspirazioni più semplici, anche le utopie sono generate da carenze e costituiscono un elemento essenziale dell'agire e del pensare umano. Tutti questi elementi – e molti altri – affiorano dai dialoghi che Eleonora Chiesa ha raccolto e assemblato con alcuni suoi disegni e fotografie per creare quello che, per la perfetta aderenza al suo modo di intendere e praticare l’arte performativa, potrebbe essere definito un “libro-performance”: le azioni di Eleonora, infatti, nascono sempre dal bisogno, dall’urgenza di “colmare un vuoto” creando per esso un pensiero da condividere con chi partecipa o semplicemente assiste. 

(  Paola Valenti - AdAC Università di Genova, Archivio Are Contemporanea  )