Internal_Groove Project (Edoardo Di Mauro )

INTERNAL GROOVE PROJECT W008/2003
Perfomance - Kunsthause Tacheles Berlin

Abstract dal comunicato stampa
[W008/2003 presso Fusion Gallery Torino, Marzo 2004 ]

internalgroove_foto01_picc" A Berlino la sera del 24 giugno 2003, la performance di Eleonora Chiesa ‘INTERNAL GROOVE Project’ faceva nuovamente calare tutti noi presenti in un clima di eccitazione e di coinvolgimento sensoriale raro ed insolito con la forza e l’energia vitale che ha emanato... Mi sono imbattuto nel lavoro dell’artista genovese da non molto tempo, di lei mi ha colpito, in particolare, la serietà  e la tenacia nel perseguire il suo progetto che è al tempo stesso, estetico ed esistenziale.
Eleonora si esprime nella dimensione prediletta della performance che, nel suo caso, non si indirizza in una direzione rarefatta ed unicamente concettuale ma, pur mantenendo saldo quest’ultimo presupposto, dà  vita ad happening complessi e stratificati, in cui azione, suono, oggetto e supporto tecnologico si fondono in ritmica sinergia per dare corpo ad un ridondante apparato visivo che costituirà  in seguito pretesto di ampia documentazione fotografica e video in grado di perpetuare nella memoria la simbolicità dell’evento. E qui devo sottolineare come, nei primi anni ‘80, mi avvicinai all’arte perché stimolato dall’interazione tra varie discipline creative che iniziava a manifestarsi con decisione allora, motivo atto a spiegare la sintonia che provo per le azioni di Eleonora Chiesa di cui mi avevano colpito, pur in una fruizione solo parziale, due performance cui avevo assistito nel corso del 2003, Push Out Oneself a Castell’Arquato e Novela Sintetica a Pinerolo.

In "INTERNAL GROOVE project" l’artista, imprigionata in un camice ospedaliero con le mani legate e rinchiusa in un box di superfici riflettenti tali da precluderle il contatto e la visione con l’esterno, con in testa un curioso copricapo, si agita come in preda a strane e convulsive visioni, mentre degli elettrodi collocati sulla regione occipitale permettono ad un tecnico di monitorarle con attenzione l’elettro-encefalogramma. Tutto intorno si stende un tappeto sonoro ritmico ed ossessivo, mentre un VJ [softly.kicking] mixa immagini della persona rinchiusa ed altre che paiono frammenti di quotidianità , ponendosi come arbitro ed ordinatore dell’evento.
L’artista riesce, coinvolgendo il fruitore in una proposta autenticamente multimediale, a saziarne l’ormai stanca aspettativa estetica, di cui rimarca l’etimologia originaria di "scienza delle cognizioni sensitive". Inoltre compie una mirabile sintesi di quelli che sono, al di là  delle risposte fornite, variabili quanto a soluzioni formali, le tematiche principali del dibattito artistico contemporaneo. Il rapporto tra l’uomo e l’universo artificiale che lo circonda e ne pervade l’esistenza, riducendolo a semplice, forse inutile pedina di un mondo globalizzato e spersonalizzato, fronteggiato solo dall’irriducibilità  della memoria, desiderosa di aprire una finestra di dialogo con il mondo per la capacità di dare vita e rappresentazione al proprio vissuto simbolico, alla volontà  pervicace di costruire narrazioni, concretizzato con l’accortezza di usare la tecnologia, la realtà  virtuale, come protesi in grado di accrescere la potenzialità sensoriale, come strumento di una guerriglia semiologica in cui non si corre il rischio di farsi fagocitare, anche inconsapevolmente, da quanto è sito al di fuori del nostro io. Ma anche altri sono i temi evocati in questo caso, dall’artista: la coercizione esercitata sul singolo nell’apparentemente insospettabile società  occidentale, non più nell’evidenza teatralmente esemplare di un tempo, quella narrata in "Sorvegliare e punire" di Michel Foucault, ma con modalità "soffici" e non meno invasive, soprattutto con l’ausilio delle sempre più sofisticate apparecchiature tecnologiche, in grado di "monitorare" ogni momento delle nostre giornate, così come l’efficacia delle nuove bio-medicine nello scandagliare l’organismo alla ricerca di soluzioni ai mali che lo attanagliano, perdendo però di vista il paziente come individuo e, quindi, come corpo, e lasciandolo in balia del proprio "mal dell’anima". Tutti questi spunti, fonte di inesauribile dibattito, vengono da Eleonora Chiesa confezionati sotto forma di spettacolo "globale" secondo l’assunto che fu caro alle avanguardie storiche."

(Edoardo Di Mauro)