La raffigurazione dell'abito, rappresenta il
fil rouge visivo e concettuale che collega le diverse collezioni dei musei cittadini genovesi. Nel 1914 Balla, nel vestito anti-neutrale, scriveva,
"L'umanità si vestì sempre di quiete, di paura, di cautela o d'indecisione, portò sempre il lutto, o il piviale, o il mantello. Il corpo dell'uomo fu sempre diminuito da sfumature e da tinte neutre, avvilito dal nero, soffocato da cinture, imprigionato da panneggiamenti..." L'esasperazione del lusso e della ricchezza dell'abbigliamento della nobiltà genovese, dove la cura dei minimi particolari lascia indovinare la fisicità dei tessuti e le sensazioni nel portarli; la povertà delle vesti nelle rappresentazioni sacre, intrise dell'idea di sofferenza, costrizione e martirio; la sobrietà dell'abbigliamento popolare nelle scene bucoliche o quotidiane, spaccato di vita dei ceti inferiori.
Questi sono i soggetti e i temi con cui si sono confrontati gli artisti scelti, il portato simbolico e iconologico, le diverse accezioni e problematiche retrostanti.
Eleonora Chiesa sviluppa una riflessione - site specific - sul concetto dell'abito come tessuto sociale, rete di collegamento tra individui. Un uomo ed una donna in abiti lussiosi danzano un walzer che li unisce e costiringe dentro le parti date. Sarà la donna rompere la coercizione ma solo con un gesto estremo e purificatorio. ( Martina Starnini )
Video on :
https://youtu.be/FKbgrMzr_3w